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Grignolino, orgoglio di Grazzano

Il Grignolino è sicuramente l’uva principe del Monferrato Aleramico, e la sua coltivazione si estende principalmente tra la sottozona casalese e quella astigiana. Qui trova suoli composti da marne calcaree e argille azzurre di antica origine marina, terreni vergini caratterizzati da una grande presenza di sali minerali, che non sono mai stati influenzati da attività alluvionale. Queste specifiche, insieme a latitudine, altitudine e clima particolarmente favorevoli nel comune di Grazzano Badoglio, costituiscono il perfetto ambiente pedoclimatico per una coltivazione prospera di questa varietà autoctona. Documenti storici depositati nella Curia di Casale Monferrato ne raccontano la coltivazione sulle nostre colline fin dall’anno mille.

Anarchico e Testabalorda, come lo definiva Luigi Veronelli, il Grignolino è un’uva rossa di colore viola chiaro, con grappoli allungati di forma piramidale e acini piccoli e ricchi di vinaccioli (in dialetto piemontese grignòle).
Il nome Grignolino deriva con tutta probabilità proprio da questa caratteristica, che dona al vino una notevole quantità di tannini. La completa maturazione di tutte le componenti del grappolo, ovvero contenuto zuccherino, acidico e polifenolico, contribuisce ad ottenere un vino equilibrato e armonico. A questo scopo è determinante la quantità di uva che ciascuna pianta deve far maturare. Il Grignolino è infatti un vitigno particolarmente generoso, ma se il numero di grappoli per ciascuna pianta è troppo elevato, il vino che si ottiene risulta troppo tannico e poco elegante. Il diradamento delle uve, condotto allo scopo di lasciare su ciascuna pianta un numero di grappoli proporzionale alla superficie fogliare, è un’operazione strategica per l’ottenimento di produzioni di qualità.

Nelle lavorazioni in cantina è fondamentale gestire le uve con una pressatura soffice e scegliere con cura temperature e tempi di contatto con le bucce durante la fase fermentativa, per assicurare un passaggio ottimale dalla buccia al mosto dei pochi antociani che la pianta riesce di norma a sintetizzare.
Il colore tipico del Grignolino è un rosso rubino scarico e molto limpido, e nelle versioni più affinate come il Monferace – il Grignolino storico – assume un’unghia aranciata.

Nel bicchiere questo vino si distingue per le gradevoli note olfattive di spezie riconducibili al Rotundone, una molecola aromatica tipica di questa e pochissime altre varietà in Italia, che conferisce le caratteristiche note di pepe, oltre a rosa canina e piccoli frutti rossi. L’espressione aromatica al naso è particolarmente intensa, mentre nel gusto il vino conferma le caratteristiche genetiche del vitigno, con una componente tannica importante ma ben integrata con freschezza e acidità. E’ consigliabile servire il Grignolino a una temperatura intorno ai 15/16 °C, condizione perfetta per apprezzarne le caratteristiche e lo stile che il vignaiolo ha ricercato in ciascuna determinata annata.

Alla scoperta del Monferrato, dove la storia e il paesaggio si fanno vino

Dalla Barbera d’Asti al Nizza, passando per il Ruché: sono tante le espressioni enologiche di questa terra che 10 anni fa è stata proclamata Patrimonio dell’Umanità Unesco. di Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato

“L’archetipo di paesaggio vitivinicolo europeo” nonché “un esempio eccezionale di interazione dell’uomo con il suo ambiente naturale, grazie ad una lunga e costante evoluzione delle tecniche e della conoscenza sulla viticoltura”. Così si legge nella motivazione che nel 2014 ha condotto l’Unesco a dichiarare il Monferrato, insieme alle vicine Langhe e Roero, patrimonio mondiale dell’Umanità. Sono passati esattamente 10 anni e l’appeal di questo angolo di Piemonte è sempre più evidente ai tanti turisti che arrivano da tutta Italia e dall’estero, appagati dalla bellezza incontaminata delle sue verdeggianti colline punteggiate dai vigneti.

Un paesaggio disegnato dalla vite Raccontare la storia del Monferrato significa parlare della sua ricca produzione enologica che esprime l’unicità delle tradizioni centenarie e la biodiversità del territorio.
La superficie destinata alla vite supera i 10 mila ettari, di cui più di 4 mila dedicati alla produzione di Barbera. La regina dei vini monferrini, infatti, è proprio la Barbera d’Asti Docg, un rosso dalla personalità decisa, con note di ciliegia e prugna. La sua bevibilità inconfondibile, modulata da una piacevole acidità, la rende molto versatile e perfetta per accompagnare tutto il pasto.

In cima alla piramide qualitativa c’è anche il prestigioso Nizza Docg, elegante e strutturato. È figlio di un’accurata selezione di uve Barbera, che donano al sorso intensità e profondità notevoli. Un’altra gemma enologica è il Ruché di Castagnole Monferrato Docg che prende nome da un’uva particolarissima, che regala note floreali e speziate al naso e tannini setosi in bocca. Da ricordare anche i vini contrassegnati dalla Docg Terre Alfieri, che includono sia bianchi a base di Arneis che rossi a base di Nebbiolo.

Una regia unitaria che valorizza il territorio Custode prezioso e dinamico portabandiera dell’enologia monferrina è il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, che svolge un doppio ruolo di tutela e promozione delle 13 Denominazioni del territorio, 4 Docg e 9 Doc. Fondato nel 1946, rappresenta un punto di riferimento imprescindibile per tutta la filiera produttiva, riunendo ben 410 Cantine (alla nascita erano 7). La mission consortile è rappresentare in modo unitario le numerose realtà vitivinicole, dando voce alle loro esigenze e aspirazioni per trasformarle in progetti e attività concrete che contribuiscono a rendere questo territorio vinicolo sempre più riconoscibile e distintivo su scala nazionale e all’estero.

Sperimentazione, sostenibilità e turismo esperienziale La ricerca scientifica in chiave sostenibile occupa un ruolo di primo piano: il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato è impegnato nel sostegno e nello sviluppo agricolo e tecnologico attraverso studi, sperimentazioni, monitoraggi e approfondimenti tematici svolti in collaborazione con enti e istituzioni quali il Disafa (Dipartimento di Scienze Agrarie, Forestali e Alimentari) dell’Università di Torino e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza.
Tra gli asset di riferimento anche il cosiddetto turismo lento e l’enoturismo, che qui possono contare sulle esperienze autentiche e coinvolgenti proposte ai visitatori dalle cantine storiche.

Vino, cucina e tour alla scoperta del territorio Il Consorzio ha prontamente intercettato la crescente domanda enoturistica predisponendo il censimento di tutte le aziende associate che offrono hospitality e attività esperienziali quali degustazioni in cantina, passeggiate in vigna, tour guidati alla scoperta delle bellezze naturalistiche e storico-artistiche locali. Sul sito del Consorzio, la sezione “Le Cantine” permette agli utenti di visualizzare le varie possibilità di visita, ma anche contattare e prenotare facilmente le attività selezionate.

La Barbera d’Asti e gli altri vini Docg e Doc vengono esaltati dalla cucina tradizionale piemontese. Un modo per conoscere le specialità della tavola monferrina è partecipare a uno dei tanti eventi e festival enogastronomici che animano le piazze e i borghi durante tutto l’anno. E per ritemprarsi dopo un’appetitosa sosta gourmet? Una gita in uno dei numerosi castelli, come quello di Costigliole d’Asti, o una passeggiata nelle riserve naturali, a cominciare dal Parco paleontologico astigiano.

I contenuti di questo articolo sono stati prodotti da Consorzio Barbera d’Asti e Vino del Monferrato.

Corriere Della Sera

20 febbraio 2024

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